Mag 16, 2018
Il satanismo è uno di quegli argomenti che più di altri affascina per la sua ombra di mistero e suggestione; sono tra di noi e si celano nelle vesti di “persone comuni”, si annidano nei meandri della società buona e hanno ottimi rapporti con la gente che conta – coinvolgono, sconvolgono e distruggono la vita delle persone, trasformando quello che, con molta probabilità era un gioco, in un vero e proprio incubo dove è difficile uscirne.
Fortunatamente non mi capita tutti i giorni. Affrontare un indagine che abbia come obbiettivo quello di smascherare le malefatte di una setta satanica è davvero una grana per un investigatore privato che il più delle volte si scontra con la realtà dell’occulto quasi per caso, impegnato in una investigazione che il più delle volte ha per oggetto tutt’altro, magari una presunta infedeltà coniugale o la cattiva condotta di un giovane.
Fatto sta che, quel che prima era un indagine di routine ben presto può tramutarsi in un investigazioni più complessa e articolata che va gestita con il massimo riserbo fino a quando non si evidenzia “il reato” per cui si possa richiedere necessariamente l’intervento della Pubblica Sicurezza e passare, magari la palla, al corpo di Polizia SAS (Squadra Anti Sette).
La difficoltà di questa tipologia di indagine sta appunto nell’identificare le fattispecie di reato commessa dalla setta – la Costituzione italiana sancisce difatti che ogni persona ha il sacrosanto diritto di riunirsi, associarsi e credere in ciò che vuole, esprimendo liberamente il proprio pensiero – da quando è stato abolito il reato di plagio la legge si è sempre dimostrata del tutto inadeguata per reprimere il satanismo e il più delle volte tutto finisce nel non perseguire quei comportamenti pericolosi per la sicurezza di affiliati e non.
Se si vogliono avere prove concrete ed ottenere giustizia è fondamentale andare in fondo della vicenda, indagando sulle condotte dei leader di questi gruppi al fine di comprendere se nelle loro azioni si possano configurare reati comuni, come violenza, truffe, reati associativi, furti, abusi psicologici, etc…
Generalmente il reato di truffa è quello più semplice da identificare nel comportamento di santoni, maghi, satanisti e guaritori, i quali il più delle volte “con artifizi o raggiri, inducono taluno in errore” (art. 640 c.p.) per procurarsi un profitto che altrimenti non avrebbero potuto generare.
Un esempio lampante è il caso Vanna Marchi, la quale aveva indotto attraverso televendite molte persone a sborsare grandi somme di denaro in cambio di bustine di cloruro di sodio, rametti d’edera ed altri oggetti, la cui funzione avrebbe dovuto essere quella di combatte il malocchio ed allontanare le malattie. La società Ascié s.r.l. finì in bancarotta e i componenti del gruppo vennero condannati per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata e bancarotta fraudolenta.
Un’altra grande difficoltà è rappresentata dalla reticenza e l’omertà degli affiliati che il più delle volte si rivelano diffidenti nei confronti di investigatori privati, polizia e psicologi che cercano faticosamente di aiutarli – molti di essi hanno subito vere e proprie manipolazioni mentali, sono stati minacciati e hanno una tremenda paura di finire nei guai.
Personalmente sono convinto che l’investigazione privata in questo contesto debba muoversi autonomamente da quella condotta dalla Polizia: semplicemente, l’investigatore privato non deve farsi condizionare dalle deduzioni e le conclusioni di altri detective ma deve perseguire il proprio cammino senza farsi influenzare da sentimenti personali, religiosi e morali – solo così potrà evidenziare nelle sue indagini risultanze che siano realmente utili ai fini dell’indagine.
Mi viene in mente il caso delle “Bestie di Satana”, doveil papà del defunto Fabio Tollis, che nella vita faceva tutt’altro che l’investigatore, decise di ficcare il naso nella vicenda che riguardava la scomparsa del proprio figlio. Michele Tollis cominciò a frequentare gli ambienti e gli amici che praticava abitualmente il figlio, cercando di trovare dei collegamenti per capire dove fosse finiti il proprio ragazzo.
Quando uno degli elementi del gruppo fu arrestato, Michele Tollis fornì agli inquirenti indicazioni preziosi per la svolta del caso e il ritrovamento dei cadavere di altri giovani, assassinati dalla follia satanista.
Se hai problemi legati a vicende simili non attendere l’irreparabile, chiami, insieme cercheremo di capire se e come risolvere la situazione.
Giuseppe Tiralongo
Mag 14, 2018
Grazie al DL 269/2010, è lecito l’uso di apparecchiature GPS per la geo-localizzazione satellitare da parte degli investigatori privati che per far valere o difendere un diritto in sede giudiziale si avvalgono di questa moderna tecnologia per agevolare le operazioni investigative.
Il GPS è uno strumento essenziale per l’investigatore privato, grazie al suo utilizzo il professionista può monitorare il soggetto investigato da remoto e svolgere gli accertamenti garantendo maggiore riservatezza ed efficienza; Oggi il detective può di fatti effettuare appostamenti e pedinamenti aumentando notevolmente le distanze che interessano i luoghi e i veicoli del soggetto sottoposto ad indagini, escludendo in tal modo il rischio di essere notato o di perderlo di vista nel traffico caotico di città come Roma e Milano.
Ma il privato cittadino può utilizzare il GPS per seguire, ad esempio, la moglie?
Svolgendo l’attività di investigatore privato mi capita spesso di svolgere bonifiche ambientali volte ad individuare eventuali microspie e dispositivi GPS occultati all’interno o all’esterno delle autovetture. Circa il 90% dei miei interventi tecnici ha esito positivo e il più delle volte il cliente da seguito a una denuncia contro ignoti.
Quindi, si può installare un localizzatore GPS nell’autovettura di un altra persona? La risposta è “assolutamente no”. Il rischio è quello di sfociare in reati importanti come lo stalking o le molestie ripetute e perpetrate nel tempo.
In questi ultimi anni sono aumentate del 70% le denunce che hanno interessato persone non ancora rassegnate dalla rottura del loro rapporto sentimentale, i quali si sono resi autori di stalking avvalendosi dell’utilizzo di apparecchiature moderne come dispositivi satellitari GPS, microspie e micro registratori digitali, tutti strumenti di libera vendita facilmente reperibili nel web, spesso a prezzi molto bassi.
Cosa accade se si viene sorpresi a spiare un’atra persona?
A causa dei recenti fatti di cronaca nera, il legislatore si è visto costretto a prendere seri provvedimenti nei confronti di questi reati- in effetti…oggi, al termine degli accertamenti svolti da polizia e dai carabinieri, in base alle prove reperite e ai fatti contestati è possibile essere denunciati per i reati di atti persecutori, violenza privata, stalking e spesso anche per violazione di domicilio.
Se gli illeciti sono stati particolarmente gravi, il giudice potrebbe emettere un provvedimento di divieto di avvicinamento alla vittima con l’applicazione coattiva del braccialetto elettronico in grado di determinare la posizione dell’offender.
Cosa può fare l’investigatore privato per combattere il fenomeno dello stalker?
Nella nostra agenzia investigativa, gli investigatori privati svolgono un attività di indagine in grado di documentare in maniera certosina tutte le occasioni in cui il nostro assistito è stato vittima di persecuzioni o molestie, agevolando così l’intervento della pubblica sicurezza e influenzare l’opinione del giudice.
Con le bonifiche ambientali e il pedinamento di protezione il nostro cliente può muoversi liberamente e in maniera discreta senza dover temere alcuna persecuzione. Dopo aver accertato la presenza di un reato e raccolto le prove necessarie per documentare il reato di stalking, molestie o di interferenze illecita nella vita privata, la nostra attività investigativa di appostamento e pedinamento può essere palesata e diventare un forte deterrente che scoraggia eventuali malfattori dallo svolgere ulteriori attività di stalking.
Se hai necessità di un consulto per questa ed altre problematiche, puoi contattarmi al 3663839069 e ricevere la nostra consulenza.
Giuseppe Tiralongo
Set 6, 2017
Anche questa volta, la Corte di Cassazione Civile, Sez. lavoro, 1° agosto 2017, n. 19089, ha riconfermato il principio per cui è punibile con il licenziamento il lavoratore “malato” che lavora durante il periodo di malattia, rafforzando la possibilità, per il datore di lavoro, di eseguire accertamenti di circostanze di fatto, atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o e, in particolare, ad accertamenti atti a comprovare l‘eventuale svolgimento da parte del lavoratore di un’altra attività lavorativa.
Svolgere attività di controllo nei casi di motivato sospetto attraverso l’uso di investigatori privati di fatto non comporterebbe alcun illecito poi che il datore di lavoro si limiterebbe ad intraprendere controlli su comportamenti illeciti, non sulla salute del dipendente; quest’ultimi eseguiti esclusivamente solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, che non precludono quindi al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto, volti a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa, e quindi a giustificare l’assenza e, in particolare, ad accertamenti circa lo svolgimento da parte del proprio dipendente di un’altra attività lavorativa.
In futuro – ritengo che in Italia sia difficile ipotizzare dei “controlli fiscali privati”, però nulla vieta attualmente, di verificare eventuali condotte non corrette del lavoratore attraverso investigazioni private.
Famoso è il caso di quel dipende di una azienda municipalizzata che mentre era in malattia, si esibiva in festival musicali e pubblicava le sue performance sui social network.
Molte persone, compresi alcuni addetti ai lavori, sono convinti del fatto che qualora il lavoratore – al termine del periodo di malattia – tornasse al lavoro, senza alcun prolungamento, la sua condotta non sarebbe sanzionabile…errore! Il parere di molti avvocati del lavoro è quello che la condotta scorretta è sanzionabile anche se il lavoratore dipendente riprendesse il servizio al termine dell’originario periodo di malattia.
Mi spiego meglio: se il lavoratore malato, anche solo per pochi giorni, durante tale periodo, svolgesse la mansione di “cameriere” in un ristorante, questo rischierebbe una sanzione disciplinare, fino ad arrivare al licenziamento. Di fatti il rientro in servizio del lavoratore, dopo il periodo di malattia non giustifica l’illiceità della sua condotta, se in tale periodo egli ha svolto altra attività.
Quali sono i rischi legati alle indagini sui dipendenti?
Nella pur remota possibilità che il lavoratore dimostri che la seconda attività lavorativa non ha alcun legame con la prognosi stabilita dal medico (che il datore non conosce) a giustificazione della sua assenza e che quindi, nemmeno ostacola la guarigione il rischio dell’azienda è limitato a quello economico: ad esempio le spese che ha affrontato per affidarsi ad una agenzia investigativa o un investigatore privato, difficilmente potranno essere risarcite dal lavoratore. Mi spiego meglio: Se l’attività posta in essere durante la malattia è compatibile con lo stato di malattia dichiarato all’azienda e certificato dal medico (con prognosi ignota all’azienda per ovvi motivi), qualsiasi provvedimento disciplinare rimarrebbe illegittimo.
La prudenza non è mai troppa. Soprattutto nel nostro mondo dove l’incertezza regna sovrana e siamo esposti alle valutazioni soggettive di un Giudice.
Il presupposto per il licenziamento è, quello correttamente individuato dalla Cassazione, ovvero il pregiudizio che l’attività ulteriore del lavoratore reca alla sua guarigione e pertanto, a mio giudizio, il datore di lavoro, venuto a conoscenza della condotta scorretta del lavoratore, potrebbe avviare un procedimento disciplinare, chiedendo al dipendente le giustificazioni nei canonici 5 giorni, ed in caso applicare la sanzione disciplinare opportuna, fino ad arrivare al licenziamento.
Il licenziamento è-e rimane una sanzione disciplinare che deve rispettare i criteri di legge e rimane soggetta all’eventuale vaglio del Giudice.
Ribadisco che in ogni caso la cassazione si è oramai pronunciata in più occasioni sui controlli effettuati nei periodi di malattia. Il presupposto deve essere il sospetto della sussistenza di un comportamento non lecito, ovvero, se l’attività posta in essere non è compatibile con lo stato di malattia dichiarato all’azienda, oppure se l’attività pratica fa presupporre che stante uno stato di malattia la prestazione lavorativa poteva essere effettuata anche parzialmente o se il comportamento tenuto ha impedito le tempistiche di guarigione ritardando quindi il rientro al lavoro. Ciò premesso i controlli sono indipendenti dalla verifica dello stato di malattia dal punto di vista medico (che spetta solo all’ente preposto attraverso la visita fiscale). Gli stessi vanno effettuati attraverso professionisti seri ed affidabili, iscritti presso le diverse procure di interesse e che applichino correttamente i limiti che la legge concede.
Se vuoi hai necessità di ricevere una consulenza investigativa puoi contattarmi ai numeri sovraimpressione, riceverai risposte valide, un preventivo e qualche consiglio utile.
Giuseppe Tiralongo
Apr 28, 2017
A: L’amore nun conta
B: Ma che stai a di?
A: A me questi che tanto dicheno che senza amore è tutto in bianco e nero me fanno proprio ride
B: E dìmme, che conta?
A: Conta de fa ‘n lavoro che te piace, de potesse permette quarche sfizio, de potesse svejà la matina e avecce n’armistizio che quà è tutta na guera…
L’amore è solo n’vizio
B: A me me pari matto! Te sei mai innamorato?
A: Bho…magari si, pò esse
Ma è n’vizio superato, a me l’amore nun me serve
Er core l”ho svotato
B: È dentro che c’hai messo?
A: Ma nun c’ho messo niente! Sia mai che poi me tocca annammelo a riprenne in mezzo alla segatura de quarche fregatura
B: E nun te manca mai quer tocco, quer calore? Nun senti mai er bisogno d’avecce n’friccicore?
A: E certo che me manca, ma a vorte, mica sempre?!
E poi basta aspettà n’attimo che er core subito se ne pente
B: E dimme amico mio: che d’è sto pentimento?
A: Me pento d’esse stato vicino a n’sentimento
Me la so vista brutta e poteva cambià tutto
Ma quella m’ha creduto quanno jo detto “È tutto.” E nun s’è più girata…m’ha dato na sarvata!
B: A me nun me convinci, c’hai l’occhi troppo tristi
A: Ao! Lassame perde! L’amore n’conta niente.
B: E si poi quella torna? Se te se vie a riprenne?
A: Nun torna, stanne certo, jo fatto na ferita co tutto er core aperto
E adesso famme annà sinnò divento triste e me devo ricordà che
l’amore
Nun…Esiste!
Il testo di questo brano, scritto in dialetto romano dalla bravissima Claudia Scarpati, mi fa venire in mente le parole di molti, troppi clienti ai quali nelle veste di investigatore privato ho dovuto consegnare le prove del famigerato tradimento e che feriti nell’orgoglio e nell’anima dall’inganno, e quindi dal gesto consapevole e tal volta inconsapevole sferratogli della persona amata, hanno visto sfiorire l’amore e la fiducia. …non più clienti ma persone alle quali auguro di innamorarsi nuovamente, di una donna, di un uomo, ma soprattutto della loro vita.
Ciao
Mar 18, 2017
“Ogni singolo caso può creare nuova giurisprudenza in Cassazione”
In tema di prove relative alla separazione giudiziale, tempo fa, la Corte di Cassazione aveva stabilito, con una sentenza che scatenò le fantasie di giornalisti ed improvvisati detective, come gli SMS di testo (quindi anche le chat dei molteplici social) potessero essere utilizzati come prova in tribunale al fine di dimostrare l’infedeltà del coniuge fedifrago.
Come avevo previsto…tutto è cambiato… e con l’ordinanza n. 18508 del 4/09/2020 la sezione 6-1 civile della Corte di Cassazione, ha stabilito che, ai fini dell’addebito, gli sms non provano l’infedeltà coniugale poiché da questi non si può riscontrare alcuna certezza circa il reale tradimento, in assenza di riferimenti precisi e di riscontri testimoniali diretti.
I tempi cambiano e con le tecnologie recenti, gli indizi su Whattsapp, Facebook e altre chat di vario genere, hanno sostituito quelle dei capelli in auto o del rossetto sul colletto della camicia del marito infedele, è quindi anche un breve messaggio di testo (SMS) potrebbe costituire per il coniuge tradito una prova valida per attribuire l’infedeltà del coniuge, ma in sede legale cosa accade?
In tribunale ogni prova “atipica” può essere utile per influenzare il giudizio del Giudice. Lo screenshot di un sms però, non può determinare una prova ma semplicemente una circostanza di fatto che a suo modo risulta priva di fatti realmente accertati, di circostanze inecuivocabili e di testimonianze.
Altresì, gli sms come le email, le chat e le conversazioni su Facebook sono considerati “riproduzioni meccaniche” e quindi, l’eventuale foto o stampa su carta di quanto appare a video potrà essere utile forse a convincere il giudice ma non verrà mai considerata una prova in quanto sarà (giustamente) sempre contestata dalla controparte come non autentiche, contraffatte, modificate, insomma, non conforme all’originale; a tal proposito la Corte di Cassazione ha ribadito che “la copia di una pagina web su un supporto cartaceo non ha efficacia probatoria rilevante se non risulti sia stata acquisita con garanzia di corrispondenza e conformità all’originale e riferibilità ad un ben individuato momento temporale”.
Tenete a mente che, qualora vogliate comunque tentare di utilizzare l’sms come prova, il testo di quest’ultimo, dovrà essere inequivoco e quindi palesare la relazione sentimentale in modo esplicito; << domani ci vediamo>> non può provare un tradimento.
Per acquisire una prova meccanica (foto, video, sms, chat) è necessario avvalersi di un esperto forense capace di repertare la prova seguendo un procedimento ben specifico. Tengo a precisare, che non tutto è repertabile e siccome le dichiarazioni del tradito, in quanto parte in causa, non hanno alcun valore testimoniale – l’unico modo di aggirare l’ostacolo è quello di procurarsi un testimone che abbia preso diretta visione della prova in oggetto, tramite osservazione diretta o lettura personale.
Bisogna in oltre tener presente delle conseguenze legali che possono scaturire con la riproduzione degli SMS reperiti in modo illegittimo, difatti, se bene la riservatezza dei coniugi viene meno quando si condividono gli stessi spazi, la corrispondenza privata è comunque coperta da privacy e non la può violare neanche il coniuge. La giurisprudenza poi, si è adeguata con i tempi ed ha esteso il divieto anche alla corrispondenza telematica, quali per esempio email, sms messaggi su whatsapp o Facebook; questi secondo i giudici, hanno lo stesso valore della vecchia busta di carta.
L’argomento non è di poco conto, perché, l’acquisizione illegittima delle prove (sms, email, registrazioni ed altro) può costituire un reato penale a carico dello stesso coniuge tradito, il quale, quindi, oltre a subire l’umiliazione del tradimento, correrà il rischio di un processo penale.
Vorrei a tal proposito riportare degli esempi concreti:
- nell’ipotesi di intercettazioni telefoniche effettuate in casa da un coniuge all’insaputa dell’altro, la Corte di Cassazione ha ritenuto sussistente il reato di “interferenze illecite nella vita privata” (art. 615 bis c.p.), a prescindere dal rapporto di convivenza coniugale (Pen., Sez. V, 02/12/2003, n. 46202);
- prendere visione della corrispondenza diretta all’altro, senza il suo consenso espresso o tacito è proibito anche al coniuge, in virtù dell’art. 616 comma 1 c.p., (Pen., Sez. V, 02/12/2003, n. 46202; Cass. Pen., Sez. V, 10/07/1997, n. 8838);
- Integra il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 c.p.), la condotta del coniuge che sottragga la corrispondenza bancaria inviata al coniuge per produrla nel giudizio civile di separazione.
Quale è la soluzione?
L’elemento fondamentale del “libero convincimento” del Giudice è strettamente vincolato al dato probatorio. Come previsto dall’art. 192, il giudice esamina la prova e ne convalida la sua validità tenendo conto delle risultanze che esse contengono e dei criteri con cui sono state reperite. Da cui, il libero convincimento non può in alcun modo esimere il Giudice ad acquisire in modo indebito prove reperite violando i divieti sanciti dal codice civile e penale. In sintesi, il Giudice non potrà fare alcuna valutazione circa prove che, per il modo con cui sono state prodotte:
- hanno violato la libertà morale del soggetto;
- sono state acquisite in violazione delle norme di legge;
- sono state acquisite senza osservare quei procedimenti che ne sanciscono la genuinità.
Essendo io un investigatore privato, faccio presente come la relazione dell’detective privato è di per se tra le prove atipiche ammissibili nel processe civile e penale. Le dichiarazioni dell’investigatore privato, riportate nel rapporto investigativo e il materiale video o fotografico prodotto, se non contestato, hanno valore di piena prova. In caso contrario, l’investigatore privato sarà chiamato a testimoniare circa i fatti di cui ha assistito in prima persona e sulla base delle dichiarazioni rese, la relazione tecnica da lui redatta, può divenire elemento di prova.
Se hai necessità di assumere un investigatore privato per far valere un tuo diritto in sede giudiziale o semplicemente per conoscere la verità, chiamami, farò del mio meglio per aiutarti.
Giuseppe Tiralongo
Mar 14, 2017
Tutti criminologi, tutti investigatori, tutti consulenti tecnici, il mondo delle indagini difensive è ai me, contornato da attori che il più delle volte si rivelano poco professionali o del tutto incompetenti.
Fortunatamente in questo paese non c’è un boom di omicidi seriali e quindi molti di essi finiscono per abbandonare i tribunali, diventando giornalisti, scrittori o opinionisti nelle solite trasmissioni televisive dove ridicolizzano le loro professioni, parlando ad esempio, di offender profiling, criminal profiling, criminal personality profiling o criminal investigative analysis, tutti strumenti comportamentali ed investigativi che, a mio avviso, in Italia non ha mai portato alla soluzione di nessun caso!
C’è poco da fare, le indagini difensive stentano a decollare per via delle norme che purtroppo ne limitano l’efficacia o per la diffidenza di molti avvocati che ancora oggi non hanno ben compreso l’utilità delle investigazioni difensive o preventive, e che il più delle volte temono di finire nei guai per qualche errore commesso durante l’espletamento degli accertamenti.
In effetti quando si lavora in una indagine difensiva è fondamentale seguire alla lettera determinate procedure e rispettare quanto previsto dal codice penale al fine di non inficiare il lavoro svolto e finire nelle mani del PM il quale il più delle volte non vede di buon occhio l’attività investigativa condotta dalla difensa.
Le statistiche ci dicono che la maggior parte degli avvocati penalisti italiani, non crede nelle indagini difensive e quindi non le svolge limitandosi il più delle volte nel valutare solamente se “la prova superi lo standard del ragionevole dubbio”, privando i loro assistiti di uno strumento difensivo importantissimo.
Perché sono importanti le indagini difensive?
Le indagini difensive sono importanti perché pareggiano la disparità che insiste tra “accusa”: supportata sempre dal lavoro di polizia, carabinieri, guardia di finanza e consulenti tecnici di ogni materia, e “difesa”: sostenuta solo nel caso di indagini difensive dal prezioso contributo professionale di investigatori privati e consulenti tecnici, quali ad esempio, genetisti, psicologi forense, neuropsichiatri, consulenti informatici, criminologi, periti balistici, ecc.
Le indagini difensive possono essere molto efficaci se vengono utilizzate in maniera strategica. Quando l’investigatore privato indaga per supportare il lavoro dell’avvocato difensore, cerca di ricostruire e accertare i fatti, di reperire quegli elementi, quei testimoni e quelle prove che, per un motivo o per un altro, potrebbero essere sfuggite agli occhi attenti degli inquirenti.
Questi fattori delle volte possono costituire per la difesa, l’asso nella manica che l’avvocato attendeva per poter rilanciare una vera e propria controffensiva. Sia quindi chiaro a tutti che, il compito dell’investigatore privato non è quello di scoprire il colpevole di un delitto, ma semplicemente quello di tentare di rispondere alle domande di rito poste dagli addetti ai lavori, quali ad esempio: cosa è successo?, quando è successo?, come è successo?, perché è successo?, quale è il movente?, chi è il colpevole, al fine di individuare nuovi elementi che possano discolpare il proprio cliente.
Proprio per questo è importante che la difesa possa avvalersi di un investigatore privato professionista capace di destreggiarsi nelle investigazioni difensive, in grado di esaminare i testimoni, esperto nei sopralluoghi, e che abbia all’interno del suo staff investigativo consulenti tecnici validi.
La Legge 397/2000 stabilisce che l’investigatore privato incaricato dall’avvocato difensore può svolgere investigazioni difensive dirette o indirette nell’ambito di un procedimento penale.
Le indagini dirette sono quelle azioni condotte personalmente dall’investigatore privato, volte a reperire direttamente la fonte di prova (nei sopralluoghi, nei pedinamenti, nella raccolta di documentazioni, ecc.); le indagini indirette sono invece quelle dove la fonte di prova viene reperita indirettamente, ovvero viene prodotta da terzi (nell’escussione di un test, di un indagato, di persone informate sui fatti, ecc.).
Le tecniche di indagine difensiva sono diverse e cambiano a secondo dello scopo che l’investigatore privato intende raggiungere, ci sono attività investigative che interessano l’analisi della scena del crimine, i rilevamenti scientifici per repertare una traccia di sangue o un’impronta digitale, le tecniche e le procedure scientifiche per la perizia balistica, i metodi e le procedure legali per escutere una persona informata sui fatti o direttamente imputata, le tecniche per eseguire pedinamenti ed appostamenti, ecc.
Svolgendo la professione di investigatore privato a Roma, posso affermare come in questo ambito investigativo sia importante non improvvisarsi mai, mantenere sempre e solo il proprio ruolo, e porsi delle domande che non abbiano a che fare solamente con i fatti oggettivi del caso, ma bensì con l’intero procedimento penale.
Per mia esperienza personale, ho imparato sulla mia pelle quanto sia importante saper ascoltare gli altri colleghi, proprio questo è il segreto del successo e si raggiunge solamente quando la squadra della difesa è affiatata, capace di lavorare in team e in grado di comunicare in maniera coordinata e puntuale, con la consapevolezza del fatto che la giustizia e la legge non vanno mai a braccetto…
Se necessiti di un investigatore privato per svolgere indagini difensive, contattami liberamente ai numeri presenti nella pagina.
Giuseppe Tiralongo